Amiamo il corpo malato. Amiamo le cicatrici e i morsi lasciati sulla pelle dalle ferite.
Amiamo il corpo anziano, segnato dal tempo, raggrinzito dal sole, pieno di ricordi.
Amiamo il corpo lento.
Amiamo l’imperfezione e lo squilibrio, il labbro screpolato, l’occhio che vede a malapena, la mano che fatica ad afferrare l’oggetto, il pene moscio, la gamba più corta dell’altra, la colonna vertebrale che non può raddrizzarsi.
Amiamo il vero corpo, fragile e vulnerabile, e non il corpo ideale e tirannico della norma.
Amiamo il corpo poetico, perché il linguaggio è solo uno degli organi astratti del corpo vivo.
E amiamo il corpo in tutte le sue dimensioni organiche e inorganiche.